Mostre | Pixar 30 anni di animazione, Roma Palazzo delle Esposizioni 9 ott – 20 gen 2019

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La fama della Pixar, fondata in California nel 1986, è dovuta all’abilità nel combinare arte e tecnologia all’utilizzo innovativo dei digital media per creare storie originali e personaggi intramontabili.

Da Toy Story, il primo film completamente animato al computer, al più recente e Coco, passando per Monster & Co., Alla ricerca di Nemo, Cars e Inside Out, solo per citarne alcuni. I film della Pixar sono riusciti da sempre a coinvolgere e affascinare bambini e adulti.

In pochi sanno che questi incredibili film sono il frutto del lavoro di una squadra di creativi e registi di fama mondiale che utilizza i tradizionali strumenti come il disegno, i colori a tempera, i pastelli e la scultura insieme a quelli dei digital media più all’avanguardia.

Con oltre 400 opere tra disegni, sculture, bozzetti, collage e story board, e una ricchissima selezione di materiali video, la mostra Pixar, 30 anni di animazione curata da Elyse Klaidman e da Maria Grazia Mattei per l’edizione italiana, è un vero e proprio viaggio negli studios e nell’universo creativo della Pixar che approda al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Il percorso espositivo progettato da Fabio Fornasari, propone una chiave di lettura basata su concetti di personaggio, storia e mondo, tre elementi fondamentali per realizzare un grande film. Il tutto arricchito da due installazioni spettacolari l’Artscape e lo Zoetrope, che con la tecnologia digitale fanno rivivere le opere esposte e ricreano l’emozione e la magia dell’animazione.

I cortometraggi della Pixar

I cortometraggi sono una testimonianza dello spirito innovativo, della creatività e dell’inventiva della Pixar. Ciascuna di queste piccole gemme dimostra lo stato dell’arte raggiunto dalla tecnologia nel periodo in cui è stata realizzata. Appena usciti, questi corti non assomigliavano a nulla di già realizzato nell’ambito dell’animazione e hanno ispirato la successiva produzione di lungometraggi Pixar. Sono una magnifica sintesi dei concetti di personaggio, storia e mondo e nel corso del tempo hanno dimostrato il loro valore di creazioni artistiche in sé compiute.

FontePalazzo delle Esposizioni

Megastore | Sotto La Rinascente, l’acquedotto Vergine di Agrippa

Lo scorso ottobre è stato inaugurato a Roma il nuovo edificio della Rinascente, una volta della famiglia Agnelli oggi del gruppo thailandese Central Retail Corporation. Per la nuova costruzione stata abbattuta una palazzina risalente agli anni ’50. Come spesso accade a Roma, durante gli scavi sono venute alla luce tracce di antichi insediamenti che hanno prolungato di un paio d’anni i lavori e appesantito il bilancio della compagnia thailandese per sostenerne il recupero.

Per Francesco Prosperetti, Soprintendente di Roma, «la scoperta di ben 15 arcate dell’Acqua Vergine, tra i più cospicui pezzi di acquedotto romano all’interno della città, grazie alla collaborazione tra pubblico e privato, ha permesso la creazione di una nuova e preziosa area archeologica all’interno di Rinascente». Nel cantiere seguito dall’archeologo Roberto Egidi sono emerse le antiche arcate di uno degli acquedotti romani più importanti dell’antica Roma. Le arcate, di epoca augustea, risalgono a quando nel 19 a.C. il Console e generale Marco Vespasiano Agrippa (genero dell’imperatore Augusto) fece arrivare l’acqua corrente fino al Pincio, al Pantheon e alle sue terme.

La concessione da circa 25 milioni di euro per realizzare il nuovo grande shopping center di 17.500 metri quadri è destinata alla riqualificazione del Tridente e alla sistemazione delle strade fra piazza del Popolo e largo Goldoni. Anche l’acquisto dello storico marchio della milanese famiglia Borletti, «La Rinascente» (un nome trovato da Gabriele D’Annunzio), è stato perfezionato negli ultimi giorni di luglio dal gruppo thailandese nuovo proprietario per 205 milioni di euro. 

Con questo nuovo edificio in Via del Tritone, La Rinascente tornerà così in pompa magna e a poca distanza dalla sua vecchia sede di Via del Corso (chiusa nel 2009 e ceduta poi a Zara) offrendo alla Capitale un secondo shopping center assieme a quello storico di piazza Fiume. «In una città come Roma, commenta la nuova proprietà, non poteva mancare un departement store di alto profilo, all’altezza delle cattedrali dello shopping che si trovano a Parigi e a Londra». Ma con una nota in più: la vista sull’antico Acquedotto Vergine.

Bonhams | Catalogue on line: Dexter Brown Selling Exhibition

Bonhams is delighted to host a selling exhibition on behalf of Dexter Brown.

Brown is one of the most respected and instantly recognizable motoring artists, producing a vivid impressionistic style of colour and, where applicably, speed. His work has been the subject of two books: The Art of Dexter Brown by Robert Edwards, Haynes, 2001; and Superfast – The Ferrari Paintings of Dexter Brown by Simon Khachadourian, Pullman, 2008.
His works are on permanent display at the Pininfarina Studios, Turin; Abarth Gallery, Tokyo; Porsche Museum, Tokyo; Keller Collection, California; Blackhawk Collection, California; and the Louwman Museum in The Hague.
Dexter has also greatly contributed to charity, his works supporting Combat Stress, the Great Ormond Street Hospital for Children, Help a London Child – Capital Radio, John Radcli e Hospital Cancer Charity, and Little Havens Children’s Hospice Southend
As you will see over the following pages, we shall o er a broad selection of some 60 works by the artist ranging in size, medium and composition.
All of the works have been completed within the past year especially for the Bonhams selling exhibition. Any work can be bought immediately, although any pre-exhibition acquisitions will remain on view. Should you wish to purchase an artwork, or require further information, please contact: James Knight +44 (0)20 7468 5801 james.knight@bonhams.com

Bonhams | 30 November – 2 December | New Bond Street, London

 

Christie’s | Il Salvator Mundi di Leonardo, l’opera più valutata della storia.


Leonardo – “Salvator Mundi”

Il capolavoro del maestro del Rinascimento, battuto per 450 mln di dollari, cancella il precedente record assoluto e diventa il quadro più costoso mai venduta all’asta. Questo incredibile prezzo riflette l’estrema rarità dei dipinti di Leonardo da Vinci – ce ne sono meno di 20 riconosciuti dalla stessa mano dell’artista, e tutti, a parte Salvator Mundi, si trovano nelle collezioni dei musei.

L’interesse globale per un’opera che è stata salutata come la più grande riscoperta artistica degli ultimi 100 anni ha visto un pubblico di circa 1.000 collezionisti d’arte, commercianti, consulenti, giornalisti e spettatori riuniti nella sala principale del Rockefeller Center, con molte migliaia in più in collegamento live da tutto il mondo.

Da quando l’asta del Salvator Mundi è stata annunciata il 10 ottobre da Christie’s, quasi 30.000 persone hanno affollato le mostre di Christie della “Male Monna Lisa” a Hong Kong, Londra, San Francisco e New York.
L’inclusione del Salvator Mundi nella mostra su Leonardo del 2011/12 alla National Gallery – la più completa mai realizzata – ha suggellato la sua accettazione come opera completamente autografa di Leonardo da Vinci.

Ciò è avvenuto dopo più di sei anni di scrupolosa ricerca per documentare l’autenticità del dipinto. È stato un processo iniziato poco dopo la scoperta del lavoro – a lungo scambiato per una copia – in una piccola asta regionale negli Stati Uniti nel 2005. In precedenza, fu affidato a Sotheby’s e venduto all’asta nel 1958 per £ 45…

Il precedente record per un dipinto è stato assegnato al “Massacro degli innocenti” di Peter Paul Rubens, venduto per 76,7 mln di dollari nel 2002. Il record per un’opera di Leonardo da Vinci è stato di 11 mln di dollari per un disegno su carta venduto da Christie’s nel 2001, il cavaliere”. Il precedente record per l’opera d’arte più costosa all’asta sempre battuta da Christie’s, è stato aggiudicato dal dipinto “Les Femmes d’Alger” di Picasso che ha raggiunto 179 mln di dollari nel 1997.

Nell’eclatante vendita della collezione Victor and Sally Ganz, questo stesso dipinto fu battuto sempre da Christie’s a New York per 28 mln di dollari (escluso i diritti). Un’altra straordinaria manifestazione di quanto investire denaro in grandi capolavori d’arte si stia dimostrando sempre più una scelta altamente remunerativa.

Questi record sono stati cancellati quando Jussi Pylkkänen, il presidente globale di Christie’s, ha portato sul podio il lotto #9… Dopo una battaglia straordinaria tra due offerenti e svariati sussulti in sala, il co-presidente di Christie, Alex Rotter, ha gridato l’offerta vincente per un cliente al telefono.

“È l’ambizione di ogni banditore vendere un Leonardo e probabilmente l’unica possibilità che avrà mai”, ha detto Pylkkänen. “È l’apice della mia carriera fino ad ora. È anche meraviglioso per un senior del mestiere essere al centro di tale attenzione. L’entusiasmo del pubblico per quest’opera d’arte è stato travolgente e estremamente incoraggiante”.

Da notare, inoltre, che nella stessa occasione il dipinto di Andy Warhol, “Sixty Last Suppers”, del 1986, è stato venduto per 60 mln di dollari. Quest’opera monumentale – il più grande dipinto dell’artista americano pop mai venduto all’asta – basato sul capolavoro del Rinascimento di Leonardo, proviene da un gruppo di opere create da Warhol su suggerimento del gallerista milanese Alessandro Iolas nel 1984.

Andy Warhol – Sixty Last Suppers

Per alcuni critici, l’appropriazione artistica di Warhol dell’iconografia pubblicitaria e della cultura pop rappresentava la sostituzione, nell’età moderna, del capitalismo con la religione. Ma in Sixty Last Suppers, Warhol ha celebrava invece il cristianesimo e infondeva nuova vita nell’arte sacra, caricandola di contemporaneità.


Christie’s

Post-War & Contemporary Art Sale Sale

New York, 15 novembre 2017

Mostre | A Roma alle Scuderie del Quirinale “Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925”

Dipinti, disegni, gouache, acquerelli, bozzetti, abiti di scena, le opere di Pablo Picasso, provenienti dai musei di tutto il mondo, celebrano fino al 22 gennaio 2018 alle Scuderie del Quirinale i 100 anni dal viaggio in Italia compiuto dall’artista spagnolo nel 1917, al seguito dell’amico Jean Cocteau, per la realizzazione del balletto “Parade” (il cui gigantesco sipario dipinto è esposto, per la prima volta a Roma, a Palazzo Barberini).

 

La mostra “Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925”, la mostra, ha spiegato il presidente di Ales Mario De Simoni, “ha richiesto tre anni di intenso lavoro, svolto in comune con i curatori Olivier Berggruen e Anunciata von Liechtenstein”. Berggruen è impegnato nello studio del rapporto tra Picasso e il teatro da molti anni, questo ha consentito la realizzazione di un percorso espositivo straordinariamente organico, con oltre cento opere (e altrettanto materiale documentario) del periodo preso in esame.

 

Nel 1917 Picasso, che a 36 anni era già il consacrato maestro alla guida della rivoluzione cubista, attraversa un momento non facile. “Il mondo era in guerra, lui, spagnolo in terra francese, aveva visto partire per il fronte molti dei suoi compagni di strada, era triste e aveva poco lavoro”, racconta il curatore, sottolineando quanto già l’artista percepisse la crisi del movimento che l’aveva reso famoso. Così si lascia convincere dall’amico Jean Cocteau ad accompagnarlo in Italia, dove doveva incontrare l’impresario dei Ballets Russes Sergej Djagilev al fine di realizzare le scene, i costumi e il sipario per un suo balletto, “Parade”, musicato da Satie.

 

 

A Roma, lontano dal conflitto mondiale, Picasso si trova a vivere di nuovo in un’atmosfera bellissima, felice, ricca di stimoli. “Conosce i Futuristi e i pittori della Secessione – prosegue Berggruen – ed entra in contatto con l’arte rinascimentale e classica, mentre va via via scoprendo, spostandosi a Napoli, Pompei, Firenze e Milano, le tradizioni iconografiche italiane, in particolare le maschere come Pulcinella.

 

Incontra anche l’amore, Ol’ga Khochlova, una delle ballerine del Balletto, che sposerà l’anno dopo a Parigi.  Una sorta di Grand Tour, che per il maestro spagnolo ha un forte potere rivitalizzante. Il contatto stretto con l‘antico e la Rinascenza diviene fonte di profonda riflessione sul Cubismo e si pone all’origine delle molte sperimentazioni tra stili e generi nel segno del Modernismo.

 


Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925

Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, fino al 21 gennaio 2018.

A cura di Olivier Berggrue con  Anunciata von Liechtenstein

Musei | La Centrale Montemartini a Roma, archeologia industriale e storia


Non capita spesso di assistere ad uno spettacolo teatrale senza attori ne dialoghi… Osservare la scena ma al contempo esserci immersi, circondati da un silenzio solenne e dallo sguardo austero di mille statue.

Questa è la sensazione che ho provato attraversando le monumentali sale del museo della Centrale Montemartini. Un luogo magnifico dove l’arte e la storia incontrano l’archeologia industriale in un insieme di simboli e metafore che lasciano lo spettatore incantato.

Una visita che si compie in un solo respiro come ad immergersi nella storia al tempo di Roma antica e riemergere tra i frastuoni neo-industriali di una capitale rinascente.



Centrale Montemartini – Roma in Via Ostiense, 106

Mostre | Al Chiostro del Bramante, Basquiat ed il suo senso artistico per l’ortopedia…

A Roma al Chiostro del Bramante dal 24 marzo al 2 luglio 2017 una mostra molto interessante mette in evidenza, tra le altre cose, l’artistica “ossessione” di Jean Michel Basquiat per le ossa umane. Frammenti di scheletri, teschi, mandibole, denti, braccia, mani e tante altre manie anatomiche sono protagonisti dei soggetti messi su tela dall’artista newyorkese. Un desiderio emerso da un trauma subito durante la sua infanzia quando Jean fu investito da una auto riportando la rottura della milza e quella di un avambraccio.

Basquiat, definito anche “il James Dean dell’arte moderna”  ha avuto Andy Warhol come mentore e mecenate a partire dal 1980 fino alla morte del ragazzo per overdose nel 1988, appena un anno e mezzo dopo la morte dello stesso Warhol. Questi, dopo aver conosciuto il giovane writer e pittore statunitense (uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano, il primo a portare questa arte dalle strade alle gallerie d’arte), stabilì con lui una collaborazione rappresentata da una serie di dipinti tra il 1983 e il 1985 su suggerimento del mercante d’arte svizzero Bruno Bischofberger, portando alla notorietà il talento del giovane ma sfortunato artista americano.

Una mostra molto interessante quella allestita a Roma, ricca di opere che tracciano un profilo nitido di Basquiat e del suo innato senso creativo. Purtroppo come spesso accade, questi artisti sono perseguitati da demoni che originano nel profondo delle loro anime. Essi vivono un’esisitenza inquieta che li porta a volte ad autodistruggersi ma non senza consegnare ai posteri il loro genio.


Jean Michel Basquiat

Chiostro del Bramante 

24 marzo al 2 luglio 2017 

Towns | La Strawberry Fields Hill a New York

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Situata a Central Park West tra la 71a e il 74a Strada, la Strawberry Fields è una piccola collina che rende omaggio al Beatle, John Lennon.
John e sua moglie Yoko Ono vivevano in uno dei Dakota Apartments proprio difronte a questa area. Ed è stato lì, ai piedi di casa sua, che l’8 dicembre del 1980 Lennon è stato ucciso a colpi di pistola da uno squilibrato mitomane di cui mi rifiuto di citare il nome.

Quest’area che potremmo chiamare “giardino della pace” fu concepita da Bruce Kelly (1948-1993), architetto paesaggista responsabile del Central Park Conservancy. Strawberry Fields venne inaugurato in occasione del 45° anniversario della nascita di John Lennon, il 9 ottobre 1985, in presenza di Yoko Ono, che era anche tra i contribuenti alla sua realizzazione.

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Quasi arrivati al confine con la Central Park West St., al centro di una rotonda, c’è il famoso mosaico che reca la parola Imagine. Fu realizzato in Campania da artigiani della zona vesuviana e donato al New York City Council dal Comune di Napoli. L’opera riproduce un mosaico pompeiano conservato nella stanza n. 58 del Museo Archeologico di Napoli.

Meta di continui pellegrinaggi, quest’area quasi mai rimane in silenzio; è sempre accompagnata dalla musica di qualche artista di strada che consola il passante sommerso dalle sue emozioni.

History | Il Sarcofago Ludovisi a Palazzo Altemps: il monito di Roma antica

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…e subito il figlio di Decio cadde mortalmente trafitto da una freccia. Alla notizia il padre, sicuramente per rianimare i soldati, avrebbe detto “Nessuno sia triste, la perdita di un solo uomo non deve intaccare le forze della Repubblica”. Ma poco dopo, non resistendo al dolore di padre, si lanciò contro il nemico cercandovi o la morte o la vendetta per il figlio… Perse pertanto impero e vita…

(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 3.)

Passeggiando nei pressi di Piazza Navona, più esattamente dal lato dei resti antichi dell’ingresso dello Stadio di Domiziano, sorge Palazzo Altemps, una delle sedi del Museo Nazionale Romano. Una struttura imponente ancora permeata dal fascino opulento del rinascimento ed ora dedicata a custodire parte del patrimonio antico che contraddistingue la capitale.

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Si sa che Roma antica pulsa sotto i piedi dei suoi cittadini o di chi le fa visita ma credo che su di alcuni questo pulsare, questo battito, sortisca degli effetti per così dire da sindrome di Stendhal. Non a caso tale sindrome fu “battezzata” dallo stesso scrittore francese Stendhal (alias Marie-Henri Beyle) esattamente 200 anni fa, nel 1817 durante una delle tappe del suo Gran Tour, esperienza turistico-artistica appannaggio della classe abbiente dell’800.

Pochi giorni fà in occasione di una esposizione speciale dedicata ad Antinoo, ho deciso di tornare a visitare Palazzo Altemps, ma il fine sapevo non essere esattamente quello. Qualcosa di più profondo mi spingeva a rientrare in quelle sale, un richiamo che proveniva da un oggetto che mi era rimasto impresso e che avevo visto lì al palazzo qualche anno fà: il sarcofago Ludovisi. Quest’opera incredibile appare al visitatore non appena si entra in una grande sala dove al centro troneggia la celebre scultura del Galata Suicida. 

 

E’ naturale che il primo sguardo lo si rivolga a quest’ultimo ma l’attenzione immediatamente scivola sull’oggetto che già si infiltra nella mente del visitatore: il sarcofago. Un groviglio inestricabile di figure attorcigliate le une alle altre in una battaglia senza fine, una guerra che appare eterna… e forse lo è. La mente si rivolge al nostro drammatico passato e, da romano, fingo di di sentire legate a me vicende che in realtà appartengono a tutti noi, all’umanità intera che selvaggiamente avanza e si evolve sacrificando lungo il suo cammino genitori e figli.

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Più che un monito dal passato quest’opera rappresenta per me un avvertimento per il futuro, l’immagine nitida, quasi uno scatto fotografico di un passato tragico che attraverso le sue figure simboliche ci mostra la proiezione contemporanea del dramma dello scontro tra popoli e culture diverse. Uno scontro che ritmicamente si ripropone nella storia diverso solo nei suoi metodi ma uguale nella sua tragedia umana…

Christie’s | Nick Foulkes parla del Patek Philippe Nautilus

 

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Il Patek Philippe Nautilus è un orologio che Nick Foulkes ama e ha conosciuto per molti anni. “Sono ancora colpito dalla sua fierezza”, afferma l’autore, giornalista e direttore di On Time, supplemento orologiero semestrale di Vanity Fair.

Foulkes ci confida che il suo interesse per gli orologi ha avuto inizio negli anni ’70. “Mi piacciono come oggetti del passato. Tutto stava diventando elettrico, digitale e al quarzo, quando per pochi soldi ho potuto acquistare un orologio meccanico con una splendida patina, come se provenisse da un altro tempo. Nessuno allora avrebbe immaginato che questi complicati segnatempo avrebbero dato inizio alla loro rinascita proprio in quel momento”.

Il Nautilus è stato lanciato nel 1976, proprio quando l’industria orologiera stava entrando nel suo periodo più nero, noto come “The Quartz crisis”. E ‘stato un orologio che ha sfidato il pensiero contemporaneo e che ha segnato una nuova era. La caratteristica principale del Nautilus non era semplicemente che fosse in acciaio, ma che Patek Philippe l’avesse concepito in acciaio. “Il concetto di un orologio di lusso all’epoca corrispondeva ad un oggetto sottile, rotondo e in oro. Il Nautilus non era certo appariscente ma era diverso e conquistò il mondo rivoluzionando l’idea stessa della sua categoria”.

Foulkes descrive il Nautilus come un orologio che insiste quasi completamente nel suo design, con la sua cassa integrata nel bracciale ed il suo celebre quadrante incorniciato da un oblò. “Se siete in viaggio per 200 o 300 giorni all’anno e non potete portare i vostri Picasso con voi potete almeno gioire di un paio di questi segnatempo. Li trovo oggetti molto coinvolgenti”, conclude. “Ritengo che siano vere e proprie opere d’arte”.

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