Eventi | Il 50° Anniversario della Dino Ferrari a Maranello

Più di 150 Dino e oltre 300 persone da tutto il mondo si sono radunate a Maranello e alla fabbrica Ferrari sabato 30 giugno per un evento che ha celebrato il 50° anniversario del debutto su strada della prima Dino Ferrari di serie. La Dino, una delle Ferrari più amate e più vendute al mondo, ha avuto una gestazione piuttosto lunga. Equipaggiata con un motore a sei cilindri progettato dal figlio di Enzo Ferrari, la berlina è stata presentata come prototipo al Salone di Parigi nell’ottobre del 1965. Un anno dopo è stato esposto un secondo prototipo, ma è stato lanciato ufficialmente solo nel 1967 a Torino.

Pertanto, il 50° anniversario della vettura avrebbe dovuto essere segnato nel 2017, ma qualsiasi evento commemorativo sarebbe stato oscurato dalle celebrazioni per il 70 ° anniversario della Ferrari. Da qui la decisione di celebrare il mezzo secolo di un altro evento speciale, il debutto su strada del primo modello nel giugno 1968. Sabato 30, le prime auto si sono date appuntamento nel piazzale del Museo Ferrari di Maranello alle 8:30 del mattino, per poi dirigersi verso verso la pista di Fiorano.

Entrate in pista, tutte le auto sono state dirette dalla impeccabile organizzazione a posizionarsi lungo uno schema a formare una meravigliosa composizione, ritratta in un iconico scatto aereo che rimarrà nella storia della casa di Maranello. Subito dopo la magica fotografia eseguita da un drone, le auto sono ripartite per sfilare lungo il tracciato di Fiorano e poi dirigersi alla Fabbrica Ferrari.

Dopo il lunch di benvenuto, tutti i partecipanti sono stati ospiti di uno speciale tour in fabbrica dove finalmente si è potuto ammirare dal vivo con quale cura e maniacale organizzazione vengono al mondo uno ad uno le splendide ed esclusive Ferrari di oggi. In fine, ciliegina sulla torta di una giornata memorabile, la manifestazione si è conclusa con un passaggio trionfale sotto l’arco dell’ingresso storico dalla fabbrica fondata da Enzo Ferrari. Come definire una giornata così se non indimenticabile?


Meridianae & Oredelmondo

Vintage Watches & Cars

 

La Nuvola di Fuksas e lo sguardo distratto dei romani

La recente apertura della “Nuvola”, il nuovo centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas a Roma nello storico quartiere Eur ha diviso l’opinione dei romani soprattutto sulla questione della destinazione degli investimenti di un comune già al centro di gravosi problemi. Ma la questione più che sui soldi credo debba essere dibattuta sul ruolo che una capitale europea deve avere, perché il terreno su cui si gioca la partita è l’Europa e non il raccordo anulare. Una questione di vedute che apre lo sguardo verso un orizzonte ben più ampio di quello che si scorge dai colli di Roma.

Trovo che la Nuvola sia perfettamente contestualizzata all’Eur; un quartiere che vede quindi risorgere la sua funzione di area espositiva e congressuale così come fu pensata negli anni trenta per la costruzione della sede dell’Esposizione Universale di Roma del 1942. Esposizione che non ebbe mai luogo per lo scoppio della  seconda guerra mondiale. Il progetto fu completato solo nei decenni successivi con alcuni edifici monumentali come il Palazzo della Civiltà del Lavoro.

L’idea progettuale della Nuvola è basata su tre immagini: la Teca, la Nuvola e la “lama” rappresentata dall’albergo adiacente. Entrando nella Teca lo sguardo volge subito in alto teso ad entrare nella pancia della nuvola, perché questa è, a mio parere, la sensazione. Ci si trova dentro una struttura che ci avvolge e che ci proietta in un viaggio fiabesco dentro una balena, una manta o dentro ad un dirigibile degli anni ’30. La Nuvola con la sua tela tesa attorno ad un fitto ma mai invadente intreccio di  travi d’acciaio ci accoglie e ci guida verso i suoi spazi fino a giungere difronte al suo acme, la bocca. Una enorme apertura volta ad ovest che offre spettacolari tramonti attraverso le vetrate della teca. E’ qui che il visitatore si ferma e ritrova il significato della parola “monumentale”.

Megastore | Sotto La Rinascente, l’acquedotto Vergine di Agrippa

Lo scorso ottobre è stato inaugurato a Roma il nuovo edificio della Rinascente, una volta della famiglia Agnelli oggi del gruppo thailandese Central Retail Corporation. Per la nuova costruzione stata abbattuta una palazzina risalente agli anni ’50. Come spesso accade a Roma, durante gli scavi sono venute alla luce tracce di antichi insediamenti che hanno prolungato di un paio d’anni i lavori e appesantito il bilancio della compagnia thailandese per sostenerne il recupero.

Per Francesco Prosperetti, Soprintendente di Roma, «la scoperta di ben 15 arcate dell’Acqua Vergine, tra i più cospicui pezzi di acquedotto romano all’interno della città, grazie alla collaborazione tra pubblico e privato, ha permesso la creazione di una nuova e preziosa area archeologica all’interno di Rinascente». Nel cantiere seguito dall’archeologo Roberto Egidi sono emerse le antiche arcate di uno degli acquedotti romani più importanti dell’antica Roma. Le arcate, di epoca augustea, risalgono a quando nel 19 a.C. il Console e generale Marco Vespasiano Agrippa (genero dell’imperatore Augusto) fece arrivare l’acqua corrente fino al Pincio, al Pantheon e alle sue terme.

La concessione da circa 25 milioni di euro per realizzare il nuovo grande shopping center di 17.500 metri quadri è destinata alla riqualificazione del Tridente e alla sistemazione delle strade fra piazza del Popolo e largo Goldoni. Anche l’acquisto dello storico marchio della milanese famiglia Borletti, «La Rinascente» (un nome trovato da Gabriele D’Annunzio), è stato perfezionato negli ultimi giorni di luglio dal gruppo thailandese nuovo proprietario per 205 milioni di euro. 

Con questo nuovo edificio in Via del Tritone, La Rinascente tornerà così in pompa magna e a poca distanza dalla sua vecchia sede di Via del Corso (chiusa nel 2009 e ceduta poi a Zara) offrendo alla Capitale un secondo shopping center assieme a quello storico di piazza Fiume. «In una città come Roma, commenta la nuova proprietà, non poteva mancare un departement store di alto profilo, all’altezza delle cattedrali dello shopping che si trovano a Parigi e a Londra». Ma con una nota in più: la vista sull’antico Acquedotto Vergine.

Mostre | A Roma alle Scuderie del Quirinale “Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925”

Dipinti, disegni, gouache, acquerelli, bozzetti, abiti di scena, le opere di Pablo Picasso, provenienti dai musei di tutto il mondo, celebrano fino al 22 gennaio 2018 alle Scuderie del Quirinale i 100 anni dal viaggio in Italia compiuto dall’artista spagnolo nel 1917, al seguito dell’amico Jean Cocteau, per la realizzazione del balletto “Parade” (il cui gigantesco sipario dipinto è esposto, per la prima volta a Roma, a Palazzo Barberini).

 

La mostra “Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925”, la mostra, ha spiegato il presidente di Ales Mario De Simoni, “ha richiesto tre anni di intenso lavoro, svolto in comune con i curatori Olivier Berggruen e Anunciata von Liechtenstein”. Berggruen è impegnato nello studio del rapporto tra Picasso e il teatro da molti anni, questo ha consentito la realizzazione di un percorso espositivo straordinariamente organico, con oltre cento opere (e altrettanto materiale documentario) del periodo preso in esame.

 

Nel 1917 Picasso, che a 36 anni era già il consacrato maestro alla guida della rivoluzione cubista, attraversa un momento non facile. “Il mondo era in guerra, lui, spagnolo in terra francese, aveva visto partire per il fronte molti dei suoi compagni di strada, era triste e aveva poco lavoro”, racconta il curatore, sottolineando quanto già l’artista percepisse la crisi del movimento che l’aveva reso famoso. Così si lascia convincere dall’amico Jean Cocteau ad accompagnarlo in Italia, dove doveva incontrare l’impresario dei Ballets Russes Sergej Djagilev al fine di realizzare le scene, i costumi e il sipario per un suo balletto, “Parade”, musicato da Satie.

 

 

A Roma, lontano dal conflitto mondiale, Picasso si trova a vivere di nuovo in un’atmosfera bellissima, felice, ricca di stimoli. “Conosce i Futuristi e i pittori della Secessione – prosegue Berggruen – ed entra in contatto con l’arte rinascimentale e classica, mentre va via via scoprendo, spostandosi a Napoli, Pompei, Firenze e Milano, le tradizioni iconografiche italiane, in particolare le maschere come Pulcinella.

 

Incontra anche l’amore, Ol’ga Khochlova, una delle ballerine del Balletto, che sposerà l’anno dopo a Parigi.  Una sorta di Grand Tour, che per il maestro spagnolo ha un forte potere rivitalizzante. Il contatto stretto con l‘antico e la Rinascenza diviene fonte di profonda riflessione sul Cubismo e si pone all’origine delle molte sperimentazioni tra stili e generi nel segno del Modernismo.

 


Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925

Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, fino al 21 gennaio 2018.

A cura di Olivier Berggrue con  Anunciata von Liechtenstein

Phillips | Paul Newman’s Legendary “Paul Newman” sold for $17.700.000


Phillips in association with Bacs & Russo

WINNING ICONS – LEGENDARY WATCHES OF THE 20TH CENTURY

NEW YORK, 26 OCTOBER 2017

The Rolex Daytona Ref. 6239, known as the “Paul Newman” owned by legendary actor Paul Newman sold for $15.5-million, plus buyer’s premium of 12.5%, for a final price of $17,752,500 at a Phillips in association with Bacs & Russo setting a new record for a Rolex sold at auction. It is also the record price for any wristwatch sold at auction, and is considered the most iconic wristwatch of the 20th Century.

The previous record for a Rolex sold at auction was $5-million for a Rolex Ref. 6062, nicknamed the “Bao Dai” because it was owned by the last emperor of Vietnam. Previously the highest price paid for a Rolex Daytona – the most collectible Rolex model – was $3.7-million, set last spring at a Phillips, Bacs & Russo auction. Previously the most expensive wristwatch sold at auction was a Patek Philippe Ref. 1518, for $11-million, also sold by Phillips.

Newman gifted it in 1984 to James Cox, the former boyfriend and now close friend of Paul Newman’s daughter Nell. A portion of the proceeds of tonight’s sale will go to the Nell Newman Foundation, a charitable foundation that supports her father’s philanthropic values, while serving Nell’s commitment to organic foods and sustainable agriculture.



Musei | La Centrale Montemartini a Roma, archeologia industriale e storia


Non capita spesso di assistere ad uno spettacolo teatrale senza attori ne dialoghi… Osservare la scena ma al contempo esserci immersi, circondati da un silenzio solenne e dallo sguardo austero di mille statue.

Questa è la sensazione che ho provato attraversando le monumentali sale del museo della Centrale Montemartini. Un luogo magnifico dove l’arte e la storia incontrano l’archeologia industriale in un insieme di simboli e metafore che lasciano lo spettatore incantato.

Una visita che si compie in un solo respiro come ad immergersi nella storia al tempo di Roma antica e riemergere tra i frastuoni neo-industriali di una capitale rinascente.



Centrale Montemartini – Roma in Via Ostiense, 106

In the Shop | The Heuer Autavia Ref. 112.063 PVD Pewter coated

Heuer Autavia Ref. 112.603

Autavia. Un nome legato indissolubilmente ai motori di terra e aria, nato dalla fusione di Automotive e Aviation. Una referenza, la 11063, sinonimo di cronografi votati alle corse.

Molte sono le configurazioni, tutte in acciaio. A partire dagli anni ’70, Heuer, è passata a questa cassa a cushion piu robusta da 42mm e più spesso associata al modello. Uno dei motivi di questo aumento di dimensione era quello di fare più spazio al nuovo movimento, il Calibro 12.

Heuer Autavia Ref. 112.603

Il Cal. 12 prese il posto del precedente Cal. 11 migliorandolo ulteriormente e il risultato fu il movimento che diventerà il riferimento dei cronografi automatici di Heuer.

Questo Autavia è un esemplare dell’ultima generazione, la referenza 112.063. Esordì nella prima metà degli anni ’80 in un gruppo di quattro modelli che utilizzavano la cassa della referenza 11063 ma con quattro diversi rivestimenti applicati con tecnica PVD (Physical Vapor Deposition). La 112.063 fu prodotta con rivestimento in Peltro (lega metallica a base di stagno) applicato con tecnica PVD. 

Le altre referenze erano la Ref. 111.063 con cassa rivestita in verde oliva, la Ref. 113.603 nera e la Ref. 114.603 placcata in oro.

La particolarità di questo esemplare è la sua versione con cinturino Nato aggiuntivo che ben si associa ad un impiego militare (anziché corsaiolo) dove il rivestimento in Peltro PVD della cassa la rende anti-riflesso.

In vendita nello shop.


Autavia. An inevitably linked name for earth and air engines, born from the words Automotive and Aviation. A reference, the 11063, synonymous with chronographs voted for racing.

There are many configurations, all in steel. Since the ’70s, Heuer has shifted to this rugged cushion 42 mm case more often associated with the model. One of the reasons for this size increase, was to make room for the new movement Caliber 12.

The Cal. 12 took the place of the previous Cal. 11 improving it further and the result was this masterpiece that will become the landmark of Heuer’s chronographs.

This Autavia is an example of the latest generation, the reference 112.063. Produced in the first half of the 80’s in a group of four models that used the the reference 11063 case but with four different PVD (Physical Vapor Deposition) coatings. The 112.063 was made with 42 mm Pewter (Metallic tin-based alloy) PVD coating. 

Other references were Ref. 111.063 with olive-covered case, Ref. 113.603 black and Ref. 114.603 gold plated.

The peculiarity of this specimen is its military (not racing) version with an additional Nato strap that is well associated with the Pewter PVD case coating that makes it anti-reflective.

Now in the shop.

Phillips | All’asta il “Paul Newman” di Paul Newman

Quello che potrebbe essere definito l’orologio d’epoca più importante al mondo, sarà battuto da Phillips alla prima asta orologiera a New York il prossimo ottobre. Il Rolex Daytona Ref. 6239 con quadrante esotico dello stesso Paul Newman è ora atteso come un Santo Graal da una platea sconfinata di collezionisti. Si prevede un “autunno caldo” nella grande mela.

L’orologio appartiene a James Cox, che ha frequentato la figlia di Newman Nell Potts. La cosa incredibile è che James conobbe Paul Newman a Lime Rock (una pista in Connecticut) quando aveva 13 anni e per i primi mesi di frequentazione con Nell non aveva idea che suo padre fosse in realtà il grande attore.

 

Nell’estate del 1984, James era a casa Newman a Westport nel Connecticut, quando Paul gli chiese che ora fosse e James: “Non lo so, non ho un orologio”. Allora Paul gli diede il suo Rolex e disse: “Eccoti un orologio. Caricalo regolarmente e andrà molto bene.”

Il resto è storia. Cox ha portato il suo Daytona tutti i giorni fino alla metà degli anni ’90 quando venne a conoscenza del valore del suo “Paul Newman”.

Joanne Woodward

Due anni dopo la morte dell’attore, sua figlia creò la Fondazione Nell Newman e fu il tesoriere di questa fondazione a contattare un noto collezionista della California chiamato Tom Peck per vendere l’orologio. Alcune settimane dopo, niente meno che Aurel Bacs, l’uomo che ha battuto per Phillips i Daytona più famosi al mondo, era in California a vedere l’orologio.

Sul fondello è incisa la frase “Drive Carefullly Me” della moglie di Paul, Joanne Woodward. E per ciò che concerne  l’importanza storica dell’orologio, stiamo a posto…
Come il mercato risponderà a un’asta così importante, non è dato sapere. Si tratta del “Paul Newman” di Paul Newman, l’orologio che fonde due icone in una e le riassume in un oggetto unico e irriproducibile. D’altra parte la storia che lo accompagna non si può riscrivere: è già leggenda…

 

Phillips | The Oyster Cosmograph “Paul Newman” also known as “The Legend” sold for €3.400.000

There are some watches, so elusive and so mythical, that stun even the most seasoned and weary of collectors. Today, the term “important” is used often and sometimes loosely, bordering on hyperbole. Yet, there are instances in which a watch arrives and is so sublime, it is almost impossible to qualify and quantify its beauty. To hold the watch, and to view it with one’s very own eyes is to truly understand its exquisite nature. This example is indisputably such a watch.

For decades, scholars and collectors have debated the possibility of a yellow gold Paul Newman wristwatch with screw down pushers. To some, it was virtually incomprehensible that a correct example would ever grace the market. The fact was even more pertinent as literature did not confirm the fact, nor did Rolex ever comment on the subject.

Yet, the Rolex community discovered two yellow gold Daytonas with screw down pushers, both within a very close serial range, which displayed all the correct characteristics of an early “Paul Newman” dial. Reference 6263 was launched in 1969, and both examples were manufactured in the very earliest stages of the model’s production. Both had extremely early serial numbers, made during the reference’s infancy – a period where Rolex was experimenting with different dial configurations. One example is proudly displayed in Ultimate Rolex Daytona by Pucci Papaelo, proudly named “The Legend”.

With two confirmed examples, the market was finally satiated, having recognized the “yellow gold Paul Newman with screw down pushers”. Scholars and collectors now acknowledge its existence, and the model is considered the most important reference 6263 “Paul Newman” to exist, its rarity unparalleled even in comparison to the Oyster Sotto – the legendary reference 6263 with a black dial and “Rolex Cosmograph Oyster” signature.

Consequently, the present watch marks the third known and correct example to ever appear in the public eye. With serial number 2’330’529, it is among the very earliest 6263s to be produced. It is only 127 numbers apart from one confirmed example, and 30 some numbers away from the other, further enhancing its legitimacy. Given Rolex’s high production numbers, these three watches could have very well been cased on the same day. Being one of the most important Paul Newman Daytonas to appear on the market in recent years, its beauty is completely palpable.

The most dazzling aspect, is of course, the dial. A creamy lemon shade, its a sharp contrast with the ivory dials that were fitted to stainless steel Paul Newmans. The dial shimmers in way that can only be described as sublime, catching the sun rays and enhancing the “stepped” nature of the dial.

The graphics of the subsidiary registers are white, which is a clear aesthetic departure from the gilt subdials of reference 6239 and 6241 Paul Newmans. This distinction is incredibly important, as it really differentiates the watch from its pump-pusher predecessors.

The Rolex Oyster font does not feature any serifs, while the Cosmograph signature is slightly serifed, signifying the watch is among the earliest batches ever produced. It is also important to note that the dial is signed “Rolex Oyster Cosmograph” instead of “Rolex Cosmograph Oyster”, a direct reference to the screw down Oyster pushers. In contrast, the reference 6264 Paul Newman features white graphics, but is signed “Rolex Cosmograph”. Thus, one can conclude the dial was specially made for the reference 6263, and Rolex did not simply add an “Oyster” designation to existing reference 6241 dials.

The luminous dots are furthermore even and consistent, having aged to a warm yellow tone, not unlike the dial. It boasts a wonderful fluffy consistency and appearance which collectors particularly admire, evenly matching the hands even under the rays of an ultraviolet light.

The case is also preserved in excellent condition, with sharp finishes to the top of the lugs and gold marks beneath the lugs. The case back is stamped 6239, which is correct, as Rolex used the case backs of previous models in the production of the earliest 6263s. This feature is can also seen on some of the case backs of “Oyster Sottos”. Mk 1 “millerighe” pushers complete the watch, which is correct for early examples.

The complexities, nuances and many idiosyncrasies of the Cosmograph Daytona render it one of the most complex, interesting and fun models to collect and research. As a result, few watches can elicit emotion and unadulterated joy like the model can. It is not everyday that a “legend” appears on the market, and there is no telling when another will ever surface again.

History | Il Sarcofago Ludovisi a Palazzo Altemps: il monito di Roma antica

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…e subito il figlio di Decio cadde mortalmente trafitto da una freccia. Alla notizia il padre, sicuramente per rianimare i soldati, avrebbe detto “Nessuno sia triste, la perdita di un solo uomo non deve intaccare le forze della Repubblica”. Ma poco dopo, non resistendo al dolore di padre, si lanciò contro il nemico cercandovi o la morte o la vendetta per il figlio… Perse pertanto impero e vita…

(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 3.)

Passeggiando nei pressi di Piazza Navona, più esattamente dal lato dei resti antichi dell’ingresso dello Stadio di Domiziano, sorge Palazzo Altemps, una delle sedi del Museo Nazionale Romano. Una struttura imponente ancora permeata dal fascino opulento del rinascimento ed ora dedicata a custodire parte del patrimonio antico che contraddistingue la capitale.

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Si sa che Roma antica pulsa sotto i piedi dei suoi cittadini o di chi le fa visita ma credo che su di alcuni questo pulsare, questo battito, sortisca degli effetti per così dire da sindrome di Stendhal. Non a caso tale sindrome fu “battezzata” dallo stesso scrittore francese Stendhal (alias Marie-Henri Beyle) esattamente 200 anni fa, nel 1817 durante una delle tappe del suo Gran Tour, esperienza turistico-artistica appannaggio della classe abbiente dell’800.

Pochi giorni fà in occasione di una esposizione speciale dedicata ad Antinoo, ho deciso di tornare a visitare Palazzo Altemps, ma il fine sapevo non essere esattamente quello. Qualcosa di più profondo mi spingeva a rientrare in quelle sale, un richiamo che proveniva da un oggetto che mi era rimasto impresso e che avevo visto lì al palazzo qualche anno fà: il sarcofago Ludovisi. Quest’opera incredibile appare al visitatore non appena si entra in una grande sala dove al centro troneggia la celebre scultura del Galata Suicida. 

 

E’ naturale che il primo sguardo lo si rivolga a quest’ultimo ma l’attenzione immediatamente scivola sull’oggetto che già si infiltra nella mente del visitatore: il sarcofago. Un groviglio inestricabile di figure attorcigliate le une alle altre in una battaglia senza fine, una guerra che appare eterna… e forse lo è. La mente si rivolge al nostro drammatico passato e, da romano, fingo di di sentire legate a me vicende che in realtà appartengono a tutti noi, all’umanità intera che selvaggiamente avanza e si evolve sacrificando lungo il suo cammino genitori e figli.

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Più che un monito dal passato quest’opera rappresenta per me un avvertimento per il futuro, l’immagine nitida, quasi uno scatto fotografico di un passato tragico che attraverso le sue figure simboliche ci mostra la proiezione contemporanea del dramma dello scontro tra popoli e culture diverse. Uno scontro che ritmicamente si ripropone nella storia diverso solo nei suoi metodi ma uguale nella sua tragedia umana…