History | Il Sarcofago Ludovisi a Palazzo Altemps: il monito di Roma antica

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…e subito il figlio di Decio cadde mortalmente trafitto da una freccia. Alla notizia il padre, sicuramente per rianimare i soldati, avrebbe detto “Nessuno sia triste, la perdita di un solo uomo non deve intaccare le forze della Repubblica”. Ma poco dopo, non resistendo al dolore di padre, si lanciò contro il nemico cercandovi o la morte o la vendetta per il figlio… Perse pertanto impero e vita…

(Giordane, De origine actibusque Getarum, XVIII, 3.)

Passeggiando nei pressi di Piazza Navona, più esattamente dal lato dei resti antichi dell’ingresso dello Stadio di Domiziano, sorge Palazzo Altemps, una delle sedi del Museo Nazionale Romano. Una struttura imponente ancora permeata dal fascino opulento del rinascimento ed ora dedicata a custodire parte del patrimonio antico che contraddistingue la capitale.

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Si sa che Roma antica pulsa sotto i piedi dei suoi cittadini o di chi le fa visita ma credo che su di alcuni questo pulsare, questo battito, sortisca degli effetti per così dire da sindrome di Stendhal. Non a caso tale sindrome fu “battezzata” dallo stesso scrittore francese Stendhal (alias Marie-Henri Beyle) esattamente 200 anni fa, nel 1817 durante una delle tappe del suo Gran Tour, esperienza turistico-artistica appannaggio della classe abbiente dell’800.

Pochi giorni fà in occasione di una esposizione speciale dedicata ad Antinoo, ho deciso di tornare a visitare Palazzo Altemps, ma il fine sapevo non essere esattamente quello. Qualcosa di più profondo mi spingeva a rientrare in quelle sale, un richiamo che proveniva da un oggetto che mi era rimasto impresso e che avevo visto lì al palazzo qualche anno fà: il sarcofago Ludovisi. Quest’opera incredibile appare al visitatore non appena si entra in una grande sala dove al centro troneggia la celebre scultura del Galata Suicida. 

 

E’ naturale che il primo sguardo lo si rivolga a quest’ultimo ma l’attenzione immediatamente scivola sull’oggetto che già si infiltra nella mente del visitatore: il sarcofago. Un groviglio inestricabile di figure attorcigliate le une alle altre in una battaglia senza fine, una guerra che appare eterna… e forse lo è. La mente si rivolge al nostro drammatico passato e, da romano, fingo di di sentire legate a me vicende che in realtà appartengono a tutti noi, all’umanità intera che selvaggiamente avanza e si evolve sacrificando lungo il suo cammino genitori e figli.

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Più che un monito dal passato quest’opera rappresenta per me un avvertimento per il futuro, l’immagine nitida, quasi uno scatto fotografico di un passato tragico che attraverso le sue figure simboliche ci mostra la proiezione contemporanea del dramma dello scontro tra popoli e culture diverse. Uno scontro che ritmicamente si ripropone nella storia diverso solo nei suoi metodi ma uguale nella sua tragedia umana…